Per la ricorrenza dei cento anni dal rapimento e successivo assassinio di uno dei padri della democrazia, Roma ha accolto una mostra unica dedicata alla figura di Giacomo Matteotti. Una mostra potente, motivo per cui è stato scelto come luogo di narrazione la sede del museo di Roma Palazzo Braschi. Un luogo di terrore, sede del potere e delle istituzioni fasciste mandanti del vile gesto.
Un progetto espositivo, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Mauro Canali con la direzione ed il coordinamento generale di Alessandro Nicosia, organizzato e realizzato da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare con l’Associazione culturale Costruire Cultura, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura, con la presenza di Banca Ifis ed il contributo di Camera di Commercio Roma ed Archivio storico Luce. L’obiettivo alla base è stato guidare i visitatori nella conoscenza e nell’analisi di documenti inediti, rivolgendosi in particolar modo alle giovani generazioni.
Matteotti, celebrato non come martire ma come eroe, incarna il simbolo del socialismo, dell’impegno e sostegno alle istituzioni locali. Quattro le sezioni dedicate alla sua vita e sul cui ordine si basa il filo narrante della mostra. Il visitatore è entrato a contatto con fotografie inedite di un giovane Matteotti e della sua famiglia, della carriera accademica e dell’adesione al partito socialista. Impegno che, sfociato nell’azione politica contro il fascismo, segna la seconda sezione dedicata proprio all’impegno politico nazionale 1919-1924.
Ignazio Nicosia, curatore della mostra, ha dichiarato l’intento di creare “una mostra fruibile di forte rigore scientifico”. Un ambiente storicizzato in cui respirare i principi fondanti della democrazia, il diniego ai totalitarismi, l’adesione ai principi dell’etica e della morale che respingono con forza il ricorso alla violenza e la sopraffazione del prossimo. Tutto ciò lo si evince chiaramente dalle immagini che ritraggono il sequestro e la morte 1924-1926. L’auto con la quale Matteotti è stato prelevato con la forza sul lungotevere ed al cui interno ne è stato compiuto l’omicidio, la giacca insanguinata che mostra la forza dei fendenti, la campagna di Riano in cui è stato rinvenuto il corpo, la sentenza del processo farsa a Chieti sono alcuni degli inediti reperti di indiscutibile rilevanza storica presentati ai visitatori.
È al termine del ciclo di violenza che il visitatore è stato accolto da voci femminili che intonano un canto. Si concretizza la celebrazione del mito. La sezione denominata il mito di Matteotti, deve la sua origine a Filippo Turati. Storico il suo intervento alla prima commemorazione in cui sillaba le parole di Matteotti ai suoi assassini “Uccidete me, ma l’idea che è in me non la ucciderete mai…la mia idea non muore”. Nascono le brigate Matteotti impegnate nella guerra di liberazione e nella promozione dell’antifascismo. Nasce la nuova storia d’Italia fondata sulla sacralità della democrazia.